La preoccupazione principale delle pazienti in gravidanza è quella di poter trasmettere il virus al feto in caso di positività. Gli studi riguardanti la trasmissione verticale del virus, cioè dalla madre al feto, non sono ancora del tutto conclusi, ma sono indicativi di assenza di passaggio transplacentare del SARS-CoV-2, la sigla corretta che indica il coronavirus di cui tanto si parla. Allo stato attuale, i dati presenti in letteratura confermano un’assenza di trasmissione verticale madre-feto a partire dal secondo trimestre di gravidanza, ma al momento non vi sono dati relativi all’eventuale interferenza dell’infezione da coronavirus nel primo trimestre di gravidanza. Un recentissimo 1studio, condotto in Cina e pubblicato su The Lancet , che riporta i primi 19 casi di donne in gravidanza e di neonati con madri con sintomatologia clinica da COVID-19, mostra che il virus non è stato rilevato nel liquido amniotico o nel sangue neonatale prelevato da cordone ombelicale. 2Ne è recente conferma anche un caso di neonato a Piacenza, nato negativo da madre positiva. Un ulteriore studio, pubblicato da The Lancet nel Vol. 395 del 7 marzo 20203, afferma che nei due casi di infezione neonatale verificatisi in Cina, registrati 17 giorni e 36 ore dopo la nascita, vi è stato nel primo caso un contatto diretto con persone positive al coronavirus (la madre e la caposala del reparto maternità), mentre nel secondo caso un contatto diretto non può essere escluso. Lo studio rileva, quindi, che non vi è al momento evidenza di trasmissione verticale da mamma a bambino.
Le donne in gravidanza sono comunque considerate una popolazione suscettibile di infezioni respiratorie virali, anche per quanto riguarda la semplice influenza stagionale. Per questa ragione il consiglio, sia per loro sia per le persone che vivono a loro stretto contatto, è quello di seguire il più scrupolosamente possibile il Decalogo Coronavirus emanato dal Ministero della Salute e le norme dettate dal buonsenso: lavarsi e disinfettarsi spesso le mani, evitando il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute, e restare rigorosamente a casa, a meno che lo spostamento non sia strettamente necessario, evitando di frequentare luoghi affollati. I comportamenti da tenere sono esattamente gli stessi sia per le gravidanze ottenute con metodi naturali che nei casi di procreazione assistita
Le preoccupazioni legate alla possibilità di contagio non terminano con la nascita del bambino, ma continuano durante l’allattamento. Non vi sono al momento evidenze di trasmissibilità del virus da parte delle donne affette attraverso il latte materno e non è stato rilevato il virus nel latte raccolto dopo la prima poppata (detto colostro). 4Di conseguenza, date le informazioni scientifiche attualmente disponibili e il notevole ruolo protettivo del latte materno, gli specialisti ritengono che, nel caso di donna con sospetta o confermata infezione da coronavirus, se le condizioni cliniche lo consentono e nel rispetto del suo desiderio, l’allattamento possa essere avviato e mantenuto direttamente al seno o con biberon.
La cosa fondamentale, durante l’allattamento, è ovviamente la protezione del neonato dal possibile contagio. Per ridurre il rischio di trasmissione al bambino, si raccomanda l’adozione delle procedure preventive: l’igiene delle mani e, durante la poppata, l’utilizzo di dispositivi di protezione quali mascherina e guanti in lattice usa e getta, secondo le raccomandazioni del Ministero della Salute. Nel caso in cui madre e bambino debbano essere temporaneamente separati, è possibile aiutare la madre a mantenere la produzione di latte attraverso il ricorso al tiralatte (che dovrà essere effettuato seguendo le stesse indicazioni igieniche) e la somministrazione al bambino con il biberon.
In caso di positività al virus, sarà il medico a valutare eventuali controindicazioni all’allattamento derivanti da terapie farmacologiche in atto. Fortunatamente viviamo in un Paese dotato di un Sistema Sanitario che rappresenta un’eccellenza a livello internazionale e che ha risposto in maniera pronta, competente ed efficace a questa nuova sfida. Confidiamo nel fatto che a breve questo periodo di emergenza, sebbene stia richiedendo un importante sacrificio a tutti i livelli, possa diventare un lontano ricordo per i nostri pazienti.
Dottor Mario Mignini Renzini
Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Milano-Bicocca; referente medico per gli aspetti clinici dei centri Eugin in Italia e responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita della Casa di Cura La Madonnina di Milano, parte del Gruppo San Donato.