Il 24 settembre saranno 74 anni, anche se per storici e “puristi”, da giugno, sono già 91.
Catania 1929 o Catania 1946? Se non ci fosse stata l’interruzione per cause belliche, probabilmente la risposta giusta sarebbe la prima, con un centenario del pallone rossazzurro da festeggiare fra nove anni scarsi. Ma le bombe che frammentarono quel percorso non riuscirono a scalfire i nomi di Cocò Nicolosi, Amedeo Biavati (campione del mondo con la Nazionale azzurra nel 1938) e Géza Kertész che, di quel Catania nato al tempo del crollo di Wall Street, rappresentano gli emblemi di un club che proprio in quegli anni (precisamente nell’annata 1934/35) si affaccia per la prima volta in Serie B. Il secondo giorno d’autunno del 1946, alle ore 21, in via Costarelli 8, nella sede provinciale del C.O.N.I., la fusione fra Virtus Catania e Catanese Elefante (società che avevano rappresentato la rinascita del pallone etneo nel primo scorcio del secondo dopoguerra) sancisce la nascita dell’attuale Club Calcio Catania.
Il primo sussulto del Catania ’46 giunge appena due anni più tardi, con il primo posto in Serie C, vanificato poi dalla riforma dei campionati che mantiene beffardamente gli etnei in terza serie. L’agognata promozione in Serie B arriva nella stagione successiva, la 1948/49, al termine di un lungo testa a testa con l’Avellino sfociato in uno spareggio (perso dagli etnei a Milano), e successivamente in seguito a una lunga battaglia giudiziaria conclusa con la vittoria dei siciliani e l’annesso salto in cadetteria. Dopo un lustro cadetto, sempre in crescendo, nell’annata 1953/54 è tempo della prima storica promozione in Serie A, firmata dal presidente Giuseppe Rizzo e dall’allenatore Piero Andreoli.
L’ottimo campionato vissuto in massima serie, concluso con un lusinghiero dodicesimo posto, è però vanificato dalla retrocessione d’ufficio (al pari dell’Udinese) per illecito sportivo. Al mestissimo ritorno in Serie B seguono anni altalenanti: dal quarto posto del 1956/57 al sedicesimo del 1958/59. La svolta giunge proprio nella parte finale di una stagione che sembrava destinata al peggio, con l’arrivo in società di Ignazio Marcoccio e del tecnico Carmelo Di Bella, catanese di nascita con un passato da calciatore in maglia rossazzurra. È il prologo alla promozione in A che giunge puntuale nella stagione 1959/60, con un terzo posto sudato alle spalle di Torino e Lecco. È l’inizio della prima età dell’oro del pallone rossazzurro, con ben sei anni di fila in massima serie nei quali il Catania si guadagna il titolo simbolico di ammazza-grandi. In quegli anni, al “Cibali”, le grandi del calcio italiano sono costrette a inchinarsi più volte dinnanzi a una squadra nella quale spiccano calciatori di livello assoluto, come il brasiliano Cinesinho, il tedesco Szymaniak e l’argentino Calvanese, senza dimenticare gli italiani Vavassori, Michelotti, Corti, Danova, Facchin e Prenna. Il punto più alto, ovvero l’ottavo posto, viene raggiunto in due annate: nel 1960/61(campionato del 2-0 all’Inter di Helenio Herrera che genera l’iconico “Clamoroso al Cibali”) e nel 1963/64. La gloriosa epopea Marcoccio si conclude nella primavera 1969, parallelamente all’arrivo in società di Angelo Massimino, il cui ingresso salva il club dal fallimento. Scongiurato lo spauracchio, il Cavaliere compie l’impresa di conquistare la promozione in Serie A al primo colpo, con l’indimenticabile vittoria di Reggio Calabria che procura al neo presidente etneo un ‘gioioso malore’. Ma la felicità per il grande traguardo raggiunto evapora velocemente. Nella Serie A 1970/71, infatti, i ragazzi di mister Egizio Rubino, fra i quali spiccano il bomber Aquilino Bonfanti, il portiere Rino Rado e capitanLuciano Buzzacchera, non riuscono a evitare la retrocessione, concludendo nel modo più amaro una stagione segnata dalla tragica scomparsa del giovane difensore rossazzurro Luciano Limena.
La luna di miele fra Angelo Massimino e il Catania è già un ricordo e nell’autunno del 1972 il Cavaliere, spinto da pressioni della stampa e lotte intestine in seno alla società, è costretto a cedere il club. Di male in peggio, nel giro di due stagioni, con Salvatore Coco al timone, il Catania sprofonda in Serie C al termine del campionato 1973/74.
Nel momento di maggiore sconforto, quando tutto sembra perduto, riappare ancora lui, Angelo Massimino. Il soggiorno nell’inferno calcistico dura appena una stagione: Egizio Rubino in panchina dirige a meraviglia una squadra costruita per vincere, trascinata a suon di gol dalla coppia composta da Claudio Ciceri e Giampietro Spagnolo. Il campionato di Serie C edizione 1974/75 si conclude con il Catania primo con appena un punto di vantaggio sul quotato Bari. Le successive due stagioni in cadetteria sono da dimenticare: a un già deludente diciassettesimo posto segue, nel 1976/77, una penultima posizione finale che spedisce nuovamente il Catania di Massimino in C.
Fin dal primo campionato il Cavaliere prova in tutti i modi a riconquistare la Serie B, riuscendoci al terzo tentativo, nella stagione 1979/80, dopo gli approdi mancati negli anni precedenti. Il 25 maggio 1980 è ancora Reggio Calabria a fare da teatro a una nuova promozione del Catania e a un nuovo svenimento di Massimino. Il gruppo, costruito da Gennaro Rambone ma condotto in porto da Lino De Petrillo, nel quale spiccano Lorenzo Barlassina, Damiano Morra, Marco Piga e il giovane portiere Roberto Sorrentino, si disimpegna ottimamente anche in cadetteria. Il percorso di crescita viene completato, nell’estate 1982, dagli innesti di Giorgio Mastropasqua, Claudio Ranieri, Maurizio Giovannelli, Ennio Mastalli e di mister Gianni Di Marzio. Sorretto da una difesa impenetrabile (la migliore del campionato con appena 21 reti al passivo in 38 incontri) il Catania si piazza al terzo posto, in coabitazione con Como e Cremonese, alle spalle di Milan e Lazio. Per staccare il terzo e ultimo pass per la promozione in Serie A sarà necessario un triplo spareggio con le due formazioni lombarde. A inaugurare la giostra ci pensa un gol di Angelo Crialesi, decisivo nel vittorioso match coi lariani. Lo 0 a 0 nel derby lombardo è poi seguito da un altro pareggio a reti inviolate, quello fra i rossazzurri e la Cremonese. Il 25 giugno 1983, in un “Olimpico” di Roma popolato da quarantamila catanesi, l’Elefante conquista ancora una volta la promozione in Serie A, la quarta della sua storia, la seconda sotto la gestione Massimino.
L’impatto con la A sarà tutt’altro che agevole. Al Catania non bastano gli innesti brasiliani di Pedrinho e Luvanor per evitare una delle annate più catastrofiche della propria storia, conclusa all’ultimo posto con una sola vittoria (2 a 0 al Pisa con doppietta di Aldo Cantarutti) in trenta giornate. Il ritorno in B, già difficile, si complica ulteriormente quando il Direttore Sportivo Giacomo Bulgarelli decide di lasciare l’incarico. I cattivi presagi di una rapida discesa negli abissi si materializzano al termine del campionato 1986/87, con il nuovo ritorno in Serie C. Logorato da critiche e pressioni da parte di stampa, istituzioni e tifosi, Angelo Massimino è nuovamente costretto a lasciare la società a una cordata di imprenditori catanesi capeggiata da Angelo Attaguile. A proclami e grandi propositi non seguirono però i fatti. Anzi. Nella stagione 1987/88 il Catania rischia l’onta della retrocessione in Serie C2, evitata soltanto al termine del vittorioso spareggio di Cosenza contro la Nocerina. I conti del club sono sempre più in rosso e nell’estate del 1992 il fallimento è una ipotesi assai concreta. A scongiurare il tutto è l’ennesimo ritorno di Angelo Massimino che, ancora una volta, salva baracca e burattini. Nell’estate successiva, quella del 1993, la documentazione relativa alla fidejussione necessaria per l’iscrizione al campionato di Serie C1 arriva in Federazione con un giorno lavorativo di ritardo e Antonio Matarrese, presidente della FIGC, esclude il Catania dai quadri federali. Il Cavaliere, indomito, si rivolge al TAR dando inizio a una lunga battaglia amministrativa a colpi di ‘carta bollata’. Ne viene fuori una lunga estate infuocata, con il Catania che mantiene il titolo sportivo e la matricola federale, la numero 11700, ma non la categoria di appartenenza. Nonostante la vittoria nelle sedi legali, infatti, il Catania viene scaraventato nella seconda categoria del dilettantismo: l’Eccellenza. Il ripescaggio d’ufficio nel Campionato Nazionale Dilettanti, avvenuto nell’estate successiva, rappresenta il primo piccolo passo verso il ritorno in quella Serie C1 strappata ingiustamente. Il secondo passo si concretizza il 13 maggio 1995, sul polveroso terreno di gioco di Gangi: Drago, Mosca e Ardizzone firmano il successo necessario al Catania di Angelo Busetta per conquistare il ritorno fra i professionisti. La marcia subisce un rallentamento dopo i primi contati con la nuova realtà, la C2, una sorta di prigione che rinchiuderà il Catania per quattro lunghi anni. Un Catania che dal 4 marzo 1996 rimane privo del proprio “Salvatore”, Angelo Massimino, vittima di un tragico incidente lungo l’autostrada Palermo-Catania all’altezza di Scillato.
La definitiva uscita di scena del “Presidentissimo” non rappresenta però la fine dell’era dei Massimino. Gli eredi del Cavaliere, capitanati da Grazia Codiglione, la sua vedova, proseguono il percorso riportando il Catania in Serie C1, nel 1999. Compiuta la missione, nell’estate successiva, quella del 2000, l’epopea dei Massimino si conclude definitivamente con il passaggio di proprietà alla famiglia Gaucci, con il giovane Riccardo che diventa il nuovo presidente del Catania.
La promozione in Serie B arriva al secondo tentativo, il 9 giugno del 2002, al termine del doppio confronto play-off con il Taranto, nel quale risulta decisiva l’unica rete segnata in 180 minuti, quella del rossazzurro Michele Fini. L’adattamento alla Serie B, dopo un’attesa lunga quindici anni, è abbastanza problematico: a un rendimento casalingo da primato si alterna uno score in trasferta da retrocessione. Ne viene fuori un campionato vissuto nei bassifondi della classifica, con una serie da record di allenatori che si avvicendano in panchina. Una salvezza, sudata e sofferta, è sancita da una nuova e lunga battaglia legale generata dal caso Luigi Martinelli, calciatore del Siena sceso in campo nel match con il Catania con una squalifica ancora da scontare.
Nell’estate del 2004, dopo appena quattro anni, giunge un nuovo cambio di proprietà con il belpassese Antonino Pulvirenti, coadiuvato dall’amministratore delegato Pietro Lo Monaco, che promette la promozione in Serie A in tre anni. L’atteso salto arriva con un anno di anticipo, al termine del campionato 2005/06 concluso al secondo posto dietro all’Atalanta e davanti al Torino. Pantanelli, Baiocco, Mascara e Spinesi, con Pasquale Marino in panchina, sono confermati anche in Serie A. L’impatto con la massima serie (priva della Juventus retrocessa in B per via dello scandalo Calciopoli) diviene altamente positivo, tant’è che agli inizi del girone di ritorno il Catania si trova al quarto posto, in piena zona Champions League. L’incantesimo si spezza bruscamente il 2 febbraio 2007, proprio nella notte del derby con il Palermo. Negli scontri, fuori dall’impianto catanese, fra i tifosi di casa e la polizia perde la vita l’Ispettore Capo Filippo Raciti. Catania e il Catania finiscono nell’occhio del ciclone. La giustizia sportiva chiude lo stadio “Angelo Massimino” (così ribattezzato nel giugno del 2002), costringendo gli uomini di Pasquale Marino a giocare le restanti partite interne in campo neutro e a porte chiuse. Il contraccolpo subito dalla formazione rossazzurra è durissimo. Una serie di risultati negativi fanno scivolare inesorabilmente il Catania alle soglie della zona retrocessione. L’immediato ritorno in cadetteria viene evitato dalla vittoria sul Chievo Verona nello ‘spareggio’ di Bologna del 27 maggio 2007. Anche nella stagione successiva, la 2007/08, la salvezza arriva proprio all’ultimo istante, con la rete di Jorge Martinez che strappa il punto necessario nella partita con la Roma. Decisamente più tranquilla la stagione 2008/09, conclusa con un’ampia e anticipata salvezza, con mister Walter Zenga a guidare una formazione che riesce a vincere per 4 a 0 in casa del Palermo. Da infarto il campionato 2009/10, iniziato malamente con mister Luca Atzori e concluso trionfalmente grazie ai provvidenziali innesti di Sinisa Mihajlovic in panchina e dell’argentino Maxi Lopez in attacco. Storia quasi simile l’anno successivo, con Diego Simeone che conduce in porto una nave che rischiava di inabissarsi. Il biennio 2011-13 è sicuramente quello più redditizio: Vincenzo Montella prima e Rolando Maran poi forgiano una squadra che gioca a memoria, zeppa di talenti argentini (fra i quali Barrientos, Bergessio, Papu Gomez), definita dagli addetti ai lavori piccolo Barcellona, per via della somiglianza al gioco degli azulgrana di Pep Guardiola. Il giocattolo si rompe all’ottavo anno di fila in Serie A, parallelamente all’addio di Sergio Gasparin (dirigente che solo un anno prima aveva preso il posto del dimissionario Pietro Lo Monaco) e all’ingresso in società di Pablo Cosentino, procuratore promosso con fin troppa leggerezza nel ruolo di amministratore delegato dal presidente Pulvirenti. È l’inizio di una rapidissima discesa verso il baratro. Nel giro di due anni, fra il 2013 e il 2015, il Catania rimedia due retrocessioni consecutive, con la seconda, dalla B alla C, determinata dallo scandalo I Treni del Golquando il presidente Pulvirenti confessa di aver comprato alcune partite. Il Catania viene scaraventato in terza serie con una forte penalizzazione (dapprima -9, poi -11 e, infine, -10) che costringe gli etnei a disputare un campionato pieno di difficoltà.
Nell’estate del 2016, dopo quattro anni di assenza, si ricompone il binomio Pulvirenti-Lo Monaco, con il dirigente di Torre Annunziata che ritorna a Catania dopo le esperienze poco fortunate di Genova, Palermo e Messina. Il “Lo Monaco bis” è contraddistinto da una serie di ritorni dal sapore nostalgico (Paolucci, Biagianti, Marchese, Lodi e Llama, che tanto bene fecero negli anni in A) che sfociano in due assalti alla Serie B sfumati senza troppa fortuna nelle sfide play-off con Robur Siena e Trapani.
Il resto è storia recente, con la stagione 2019/20 (allungata a dismisura dall’emergenza generata dal Covid-19) tormentata da una crisi societaria quasi irreversibile e da un estenuante passaggio di proprietà, finalizzato lo scorso 23 Luglio, che permetterà all’Elefante fra qualche giorno di festeggiare il compleanno. Il numero 74.
Salvatore Giovanni Emanuele
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