Dopo le edizioni di successo di Parigi, Barcellona e Praga, la mostra “THE WORLD OF BANKSY – THE IMMERSIVE EXPERIENCE”, a Milano, riunisce opere di proprietà privata e riproduzioni di murales realizzate da giovani artisti anonimi di tutta Europa. Nel cuore del Teatro Nuovo si rivive l’atmosfera di strada. In una mostra, rigorosamente non autorizzata dall’artista da sempre contrario alla mercificazione dell’arte, si possono ammirare 60 splendide opere in versione stampata e più di 30 murales a grandezza naturale.
Lui è Banksy, l’artista più misterioso di tutti i tempi che ha conquistato il pubblico con ironia, denuncia, politica, intelligenza e protesta.
Ma chi Banksy? Nessuno lo conosce, ma si conosce il suo nome. Probabilmente è il più famoso artista di graffiti del mondo. Artista e writer inglese, attivo dagli anni ’90, ha rapidamente creato il suo mito con uno stile provocatorio e un’incessante ricerca dell’invisibilità. La sua fama non è dovuta solo all’arte, ma anche alla sua identità che, nonostante il successo, continua a rimanere ignota. “Non so perché le persone siano così ansiose di mettere in pubblico i dettagli della loro vita privata. Dimenticano che l’invisibilità è un superpotere” è infatti una sua frase.
Nel 2010 è stato descritto dal Times Magazine come una delle 100 persone più influenti al mondo, insieme a Obama, Steve Jobs e Lady Gaga.
Nel corso degli anni, Banksy ha trasformando le strade di tutto il mondo, da Londra a New York, da Berlino a Timbuctù, da Gaza a Tokyo, in tele giganti.
In mostra al Teatro Nuovo c’è “Rat and champagne” che l’artista ha realizzato a Parigi nel 2018, nel quartiere di Montmartre: lungo una scalinata, un secchiello del ghiaccio e una bottiglia di champagne aperta. Il tappo si trova in alto, in pieno volo, pilotato da un topo (l’animale preferito da Banksy).
C’è anche “Soldiers Painting”, dipinto a Londra nel 2005. L’immagine era apparsa per la prima volta fuori dalle camere del Parlamento durante una protesta contro la guerra guidata da Brian Haw, un attivista inglese che aveva vissuto per un decennio nel campo della pace di Westminster. Il coinvolgimento del Regno Unito nella guerra in Iraq del 2003 era stato portato alla luce e il fatto che milioni di persone protestassero contro l’invasione era stato ignorato. Lo stampino fu confiscato per presunta violazione delle leggi riguardanti le proteste. Si ipotizza che “Soldiers Painting”, oltre a fungere da protesta contro la guerra, denunci la repressione della libertà di parola.
“I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. Sono le persone che seguono gli ordini che sganciano bombe e massacrano i villaggi”, anche questa frase di Banksy è presente a parete in inglese e in italiano.
C’è “If graffiti changed anything”. Banksy ha creato questo stencil il lunedì di Pasqua nel 2011 su un muro a Fitzrovia, nel centro di Londra. Il colore rosso sangue è usato per la frase e anche per il topo che segna con la sua zampa l’autorità della frase. L’opera, che richiama un vecchio slogan anarchico coniato da Emma Goldman: “Se il voto cambiasse qualcosa, lo renderebbero illegale”, è apparsa in un momento in cui gli artisti di strada venivano arrestati e talvolta imprigionati (per esempio, Invader e Revok a Los Angeles).
A Bristol, negli anni ’80, i graffiti emergono come una forma di espressione praticata principalmente da giovani provenienti dalla classe medio bassa. In quegli anni, John Nation, di un quartiere di Bristol, Barton Hill, visita Amsterdam, rimane affascinato dai vibranti graffiti delle strade cittadine, inizia a documentarsi e condivide il materiale raccolto con il Barton Hill Youth Club, gruppo di artisti di strada appena nato. A Bristol, si comincia così a “taggare” utilizzando vernice spray, e le forze dell’ordine iniziano a reprimere i primi graffitari, tra cui vi è Bansky, considerandoli “delinquenti”.
Come diceva Bansky: “Non c’è niente di più pericoloso di qualcuno che vuole rendere il mondo un posto migliore”.
Clementina Speranza
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