L’Asolo Prosecco Superiore DOCG Extra Dry di Tenuta Amadio è stato eletto Best Prosecco a The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2023. Si tratta del più autorevole concorso al mondo sugli spumanti creato da Tom Stevenson, uno dei degustatori di riferimento nel panorama delle bollicine. Ferree le regole di degustazione: tutti gli assaggi vengono condotti alla cieca, i vini in concorso vengono versati in calici codificati prima di essere sottoposti ai giudici, la giuria non vede mai le bottiglie in degustazione, neppure coperte. Un rigore che premia solo la qualità.
A salire sul podio l’Asolo Prosecco Superiore DOCG Extra Dry 2022, giovedì 2 novembre a Londra. Il titolo pone la cantina di Monfumo, guidata da Simone e Silvia Rech, ai vertici dell’enologia nazionale e internazionale, confermando la vocazione vitivinicola di un territorio unico al mondo.
“È una grandissima soddisfazione ricevere questo riconoscimento da esperti del calibro di Tom Stevenson, Essi Avellan e George Markus – commenta Simone Rech – e siamo ancor più fieri di aver ottenuto questo risultato con il nostro Asolo Prosecco DOCG, un vino che è la più autentica espressione del nostro amore per le colline in cui viviamo e lavoriamo. Un territorio prezioso, ricco di storia e cultura, che dobbiamo preservare e valorizzare anche attraverso un’enologia di assoluta eccellenza e sempre rispettosa dell’ambiente”.
Tenuta Amadio nasce dalla passione e dalla volontà di Simone Rech, che assieme alla sorella Silvia, hanno ereditato dal nonno la proprietà. Hanno recuperato la vocazione vitivinicola del territorio e ripopolato i vigneti della proprietà sita a Castelli di Monfumo, in provincia di Treviso. Le caratteristiche distintive di Tenuta Amadio sono la sostenibilità a 360 gradi, non solo in vigna ma in tutto il processo produttivo, e l’attenzione al territorio che passa attraverso la riscoperta di alcuni vitigni antichi, quali la Bianchetta trevigiana.
I vini di Tenuta Amadio nascono a Monfumo, nel cuore della denominazione “Asolo Prosecco” e sono il risultato di una filiera di produzione caratterizzata da avanguardia tecnologica, rigorosamente controllata, e di una lavorazione delle uve effettuata interamente a mano.
La proprietà si sviluppa in diversi possedimenti: il Vigneto del Biss, il Vigneto del Longon e il Vigneto Era Grande. Grazie alle loro specificità offrono uve diverse per sapore e caratteristiche. “Curare il nostro prodotto dalla terra alla bottiglia, seguendo con passione e metodica disciplina ogni fase della lavorazione, è la nostra missione – afferma Silvia Rech –.Collaboriamo inoltre con le iniziative culturale del territorio, mirate a promuovere questa terra e i suoi prodotti. Una terra dove il Prosecco Asolo DOCG rappresenta l’eccellenza. Proponiamo degustazioni anche nel fine settimana ed è possibile effettuare la visita guidata alla cantina, ammirare i vigneti e il giardino didattico, scoprire le varietà autoctone dei colli trevigiani”.
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A nord di Verona si trova un territorio collinare che confina a ovest con il Lago di Garda, mentre a est e a nord è protetto dai Monti Lessini: la Valpolicella. Questa zona è costellata di pregiati vitigni, splendide ville venete, suggestivi borghi medievali e con una ricca tradizione enogastronomica famosa in tutto il mondo.
Proprio nel cuore della provincia scaligera nasce un progetto architettonico ambizioso che incarna in ogni suo elemento compositivo la relazione simbiotica tra la storica cantina Masi “Monteleone21” e il territorio nella quale è immersa. La nuova struttura di circa 6000 mq nel Comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella, attualmente ancora in fase di completamento realizzata dello Studio Architetti Mar di Venezia, permette di ampliare la cantina esistente con nuovi spazi funzionali all’attività direzionale e produttiva con un particolare accentosull’antico processo di appassimento delle uve.
Luogo centrale del progetto è il fruttaio per l’appassimento delle uve con le sue dimensioni monumentali. In questa ala sono presenti colonne di “arele” (termine dialettale che indica i tipici graticci di legno e bambù, un tempo utilizzati per l’allevamento di bachi da seta e ora impiegati per l’appassimento delle uve) alte 12 metri che consentono all’uva di appassire grazie alla ventilazione naturale, e al visitatore di cogliere il valore e l’importanza dell’antico processo di appassimento alla base dei vini del territorio.
“È stato emozionante vedere per la prima volta prendere vita questo spazio – racconta Giovanna Mar, titolare dello studio di architettura –. Il progetto architettonico che abbiamo sviluppato prevede proprio che la cantina possa interpretare al meglio la propria vocazione di fulcro culturale del territorio. L’elemento più caratteristico dell’intero progetto è infatti una grande piazza coperta, intesa come luogo di incontro in prossimità del cuore della produzione dei vini più rinomati e preziosi della Valpolicella: il ‘fruttaio’. L’agorà è caratterizzata da un cassettonato in calcestruzzo che reinterpreta le suggestioni delle grandi architetture e opere di ingegneria italiane degli anni ’50 e ‘60 dove autori come Nervi facevano coincidere, nel linguaggio dell’architettura, la struttura con la forma”.
Anche in questo caso struttura e forma coincidono, permettendo allo spazio della piazza circolare di diventare il luogo di collegamento con il piano superiore, uno spazio aperto a contatto con le viti che permette di ammirare il paesaggio della Valpolicella e le sue marogne (i muretti a secco costruiti per consentire la coltivazione della vite sui declivi delle colline).
L’idea alla base del progetto è proprio la lettura dei segni del paesaggio: l’andamento delle marogne viene ripreso dai vari piani del fabbricato e l’irregolarità delle curve naturali del terreno si può percepire attraverso l’articolazione e la convergenza dei singoli corpi che compongo la struttura. Un altro componente rilevante del territorio, oltre alle marogne, è rappresentato dalle vigne e i loro filari. Le viti costituiscono un elemento generatore per la facciata dell’edificio. Il piano terra è un robusto basamento in pietra. Il piano primo, scandito dal susseguirsi dei serramenti, rimanda al fusto e ai sostegni delle viti, mentre l’alternarsi delle schermature orizzontali al piano secondo ricorda i tralci e le foglie con le loro luci e ombre. Si ricrea così lo stesso gioco di pieni e vuoti, luci filtrate e ombre che si trovano nei vigneti. Il tutto si appoggia a un basamento in pietra che fornisce una base stabile e duratura all’impianto. “L’architettura contemporanea non può prescindere dall’interazione con l’ambiente e dal rispondere in modo strutturale a una forte domanda di sostenibilità e integrazione con il paesaggio – spiega Giovanna Mar –. Il progetto della cantina Masi è emblematico di una ricerca di profonda coerenza tra forma e sostanza, vuole essere il luogo in cui si esprime al massimo il ruolo centrale di questa cantina storica nel panorama enologico del Veneto”.
Per rispettare il territorio sono stati scelti i materiali in base alla loro compatibilità ambientale, al ciclo produttivo fino al loro smaltimento. Cemento armato nelle zone più a rischio di incendio, acciaio nelle strutture verticali di sostegno degli orizzontamenti e pietra dove la durabilità della materia permette il contatto con l’ambiente esterno sono così i tre materiali utilizzati per la costruzione della cantina.
All’interno della nuova cantina si è anche svolto l’evento celebrativo della 250esima vendemmia della storica cantina veronese. La ricorrenza è stata l’occasione per la consegna del 41° Premio Masi che sin dalle origini valorizza e porta nel mondo il rinnovarsi delle eccellenze delle Venezie. A ottenere la massima onorificenza del Premio Masi sono state: la Procuratoria della Basilica di San Marco a Venezia, premiata per il contributo alla preservazione dei valori della Civiltà Veneta, e il “Great Wine Capitals Global Network” (rete delle Grandi Capitali del Vino Mondiali per l’attuale contributo alla ‘Civiltà del Vino’).
Simone Lucci
La storia dell’azienda agricola La Contea è incentrata sulla autentica passione per la terra tramandata di padre in figlio fino ai nostri giorni.
Fu nonno Peppino il primo a produrre il suo vino in un palmento a Piedimonte Etneo. Era impossibile resistere al richiamo di quei profumi e di quell’energia che solo il vulcano attivo più alto d’Europa regala a chi ha la sensibilità di coglierne l’essenza.
Pippo Turrisi, il maggiore dei figli, seguiva il padre in questa meravigliosa attività e, anno dopo anno, se ne appassionò in modo viscerale. Fu sempre attratto dal terreno e dai suoi frutti. Impegnato in un’importante attività nel campo dei materiali e dell’impiantistica per le telecomunicazioni, sognava di poter un giorno produrre un vino tutto suo e coltivare quegli ortaggi genuini che amava. Ebbe l’occasione di acquistare un podere sull’Etna, in Contrada Pietramarina, nel cuore della produzione enologica etnea, e lì iniziò a sperimentarsi come viticultore. Il vino, prodotto con l’assoluto rispetto della tradizione, era eccellente, brioso, pieno di carattere e straordinario, Pippo era felice.
Pietramarina era un luogo favoloso, ma non esattamente il suo luogo. Pippo, originario di Presa, un piccolo borgo nei pressi della gloriosa contea di Mascali, amava enormemente quei posti; così, quando seppe che un terreno di circa 16 ettari, appartenente ad alcuni nobili acesi, era in vendita proprio a Mascali, non resistette: fu amore a prima vista e acquistò quella tenuta.
C’era molto lavoro da fare: una vigna semi abbandonata, un palmento in cattive condizioni e una grande quantità di rovi da estirpare. Pippo, da sempre grande lavoratore e persona amante delle sfide, bonificò per intero quell’area, ristrutturò il palmento, edificò un piano abitabile sopra la preesistente struttura e impiantò nuove vigne sostituendo le fallanze.
Aveva realizzato un sogno.
Alla fine dell’impegnativa settimana lavorativa fuggiva nel suo luogo del cuore e, con la cura che un padre dedica ai figli, coltivava i suoi ortaggi, i suoi alberi da frutto e, ovviamente, le sue preziose viti.
La vendemmia era una festa. Pina, sua moglie, instancabile e ottima cuoca, preparava già all’alba la colazione per la folla di amici e parenti che si radunavano a Mascali per la vendemmia.
Cento, centocinquanta persone che, allegramente e tutte insieme, vendemmiavano quelle meravigliose uve godendo della straordinaria vista sul mar Ionio e gioendo delle leccornie preparate amorevolmente da Pina.
Il palmento si animava di gioia e canti e quel prezioso succo, prodotto dalle uve pigiate con i piedi, raggiungeva le grandi botti di castagno dove sarebbe maturato fino a diventare l’eccellente rosso della casa.
Praticamente una magia.
Col passare degli anni, la produzione aumentava divenendo eccessiva per il solo consumo familiare.
Salvo e Maria Grazia, nel 2008, convinsero il padre Pippo che il loro prezioso vino poteva anche essere commercializzato: fu così che nacque l’azienda agricola La Contea.
Le bottiglie dovevano avere un nome, e Salvo pensò di onorare il padre firmando ogni bottiglia con il suo anno di nascita: così Classe 39 vide la luce.
Pippo si fece supportare dalla conoscenza e dall’esperienza di alcuni amici enologi, i veri grandi conoscitori di quei luoghi e dei vini del vulcano, e così poco dopo, all’unico vino rosso prodotto sino a quel momento, si aggiunse la produzione di un bianco, vezzo di Salvo, e anche di un rosato.
La Contea stava diventando grande.
Pippo era un sognatore: desiderava creare una cantina più grande, una sala degustazione nella quale poter offrire ai suoi ospiti un godimento per la vista e il palato, ma durante la realizzazione del suo progetto si ammalò e, dopo alcuni anni difficili, morì.
Salvo e Maria Grazia presero le redini dell’Azienda.
I due fratelli avevano chiaro in mente l’esempio di infaticabilità e caparbietà del loro padre, e non ebbero alcuna esitazione nel voler realizzare il suo sogno. Dotarono la loro azienda di ogni tipo di certificazione possibile e la loro capacità organizzativa venne premiata con la realizzazione del nuovo progetto di espansione della cantina.
Salvo e Mariagrazia sono pronti a scrivere le nuove pagine di questa appassionante storia di famiglia. Storia che punta ad appassionare i wine lover di tutto il mondo.
Settore di attività
L’azienda agricola La Contea produce e commercializza vini di alta qualità da uve esclusivamente di proprietà provenienti dalle tenute di Mascali, sul versante orientale del vulcano Etna.
Qui dove è nato il Nerello Mascalese, nell’assoluto rispetto delle tradizioni centenarie, e con una grande attenzione all’ambiente, vengono integralmente prodotti e imbottigliati i preziosi vini ottenuti solo dalle migliori uve raccolte a mano. Un connubio inscindibile di tradizione e tecnologia che, sfruttando le più moderne tecniche enologiche, garantisce un livello produttivo di altissimo pregio.
Nella panoramica sala degustazione, La Contea organizza meravigliosi percorsi enogastronomici sfruttando esclusivamente le materie prime prodotte nell’azienda agricola.
Allo stato attuale sono disponibili 3 versioni del rinomato Classe 39: il bianco, il rosato e il rosso.
Classe 39 Bianco
Una rara versione di uve nere vinificate in bianco. Alla vista appare di una luminosa veste giallo paglierino mentre al naso richiama netti e riconoscibili sentori di pesca bianca, gelsi bianchi, scorzette di cedro, ginestra, erba tagliata e un inconfondibile sentore di crema pasticcera. In bocca risulta secco, caldo e morbido, con una meravigliosa avvolgenza al palato, un’ottima freschezza e grande equilibrio. È un vino dalla lunga persistenza che dona una piacevole sensazione fruttata nel finale. Minerale come solo il suolo del vulcano attivo più alto d’Europa sa offrire. Servito a una temperatura di 12° dà il meglio di sé con sushi, pietanze a base di pesce dai sapori intensi, pregiate carni bianche, fritture di mare. Eccellente anche da sorseggiare da solo.
Classe 39 Rosato
Alla vista appare di una luminosa veste dal colore rosato buccia di cipolla. Al naso richiama netti e riconoscibili sentori di fragoline, lamponi, ribes e ciliegie appena mature. Le note di susina e prugna lo rendono immediatamente riconoscibile. In bocca risulta secco, moderatamente caldo e morbido, con una meravigliosa morbidezza al palato. Ottimo per freschezza e grande equilibrio, con una lunga persistenza all’assaggio e una piacevole sensazione fruttata nel finale. Va servito a 14° e trova gli abbinamenti ideali con la pizza, il sashimi e le linguine ai ricci di mare. Perfetto col pesce saporito e le fritture di paranza. Le carni bianche lo esaltano nella sua tipicità.
Classe 39 Rosso
È un vino dal colore rosso rubino tendente al granato, con grande lucentezza e tipica trasparenza. Al naso richiama netti e riconoscibili sentori di ciliege e amarene mature, more di rovo, prugne e grafite. In bocca risulta secco, caldo e morbido, con una piacevole morbidezza al palato. Tannini vellutati, ottima freschezza ed equilibrio. Speziato e minerale con una lunga persistenza e una gradevole sensazione di frutta nel finale. Va servito a 18° e rappresenta l’ideale compagno di primi piatti saporiti come pasta al ragù o al forno. Perfetto con grigliate di carni rosse ed elaborate pietanze di selvaggina e cacciagione. Si esalta con i piatti della tradizione o con i formaggi stagionati.
E come novità? Nel 2021 faranno il loro esordio sul mercato lo spumante Etna Doc Metodo Classico, da uve 100% Nerello Mascalese che ha maturato per ben 36 mesi sui lieviti e l’Etna Bianco Doc da uve Carricante.
Ugo Nicosia
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