Amaryllis, tulipani, calle per adornare i tavoli. Poi le composizioni con le magnolie che Stefano crea insieme al suo papà che gli ha trasmesso la passione per fiori e piante. Le decorazioni mutano in base alle stagioni, da Nosh, il ristorante in stile modern urban, progettato dall’architetto e artista lombardo Vincenzo de Cotiis citato nelle liste AD100 di Architectural Digest. Pareti scure, luci soffuse, un lunghissimo bancone sopra il quale giace uno scenografico specchio obliquo.
Il locale, a Treviglio, è stato creato 20 anni fa, e il passaggio di consegna ai fratelli Stefano e Luca Rivoltella è avvenuto nel 2021. In cucina: lo chef Michael Zambetti, con esperienze lavorative decennali in Italia e Svizzera. “Michael è in linea con la nostra idea di ristorazione: una grande passione che si riscontra nei piatti – spiega Stefano Rivoltella –. La passione ti porta a impegnarti, a mettere sul piatto prodotti di altissimo livello senza guardare cosa ti rientra nel portafoglio. Per esempio acquistiamo la carne anche dall’Australia, dall’America e dai Paesi del Nord, dove gli animali crescono allo stato brado in grandi distese di terreni”.
E cosa ne pensi della carne sintetica?
“È chimica e in quanto tale non deve essere chiamata ‘carne’. Noi compriamo materie prime selezionate, di alto profilo e fresche, pertanto non è un prodotto che potrebbe essere mai utilizzato nel mio ristorante”, risponde il ristoratore.
Cucina italiana creativa è la definizione perfetta per le creazioni di Nosh. Cos’è per voi il Made in Italy?
“Il turista che viene in Italia deve poter mangiare la vera cucina italiana fatta bene. È nostra responsabilità offrire il made in Italy. Per quanto riguarda i prodotti italiani, è giusto che vengano tutelati. E poi quando arrivano al tavolo, sta anche a noi valorizzarli, spiegandoli”, precisa Rivoltella.
Da Nosh nulla è lasciato al caso. “La ristorazione è ospitalità. È fatta di cucina, sala e ambiente circostante. La sintonia tra cucina e sala rende un posto speciale, crea il cosiddetto posto del cuore. La cucina, poi, da noi è un incontro di menti che inventano dei piatti. Ognuno porta il suo bagaglio di conoscenze professionali, ed è grazie al gruppo e alla collaborazione che nascono i piatti di Nosh”, sottolinea Stefano Rivoltella.
Il re dei piatti? “La Calamarata, mezzi paccheri con una salsa di peperone giallo e pomodoro napoletano che viene cotta per lungo tempo, filtrata 2 volte, e finita con una riduzione di gambero rosso. Il gambero rosso sopra, e poi la spolverata di aglio nero”. Un piatto che i fratelli Rivoltella hanno dedicato alla loro mamma, presente in carta da quando hanno aperto il locale, così come la ‘costoletta’ alla milanese, battuta e panata al momento con diverse consistenze di pane 100% segale e poi rosolata nel burro chiarificato.
A sorprenderci? Il polipo, che viene prima bollito e poi arrostito con paprika, miele e peperoncino.
Anche i dolci sono tutti realizzati in casa: dal Tiramisù versione Nosh, proposto in bicchiere, alla Tarte Tatin di mele e cannella con gelato alla vaniglia. Prima del dessert vengono serviti degli sfiziosi sorbettini alla frutta, presentati come fossero gelati con lo stecco.
Guarda il video https://www.instagram.com/reel/C4-UYH0I4Xg/?igsh=bXJ2M2UydjV6NHkx
Clementina Speranza
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Grandi tele dell’artista toscano Marco Boni e candele accese anche di giorno per creare una calda accoglienza, sui tavoli ricavati da fasciami affondati sulla costa toscana arriva lei, succosa, tenera, cotta alla perfezione: La Fiorentina.
“Siamo celebri per l’iconica Bistecca alla fiorentina, e anche per tartare, hamburger, filetto, controfiletto, costata e altri piatti di carne. Qui, tutto Made in Tuscany. Siamo orgogliosi di essere in Toscana, regione celebre nel mondo per le bellezze artistiche, paesaggistiche e per l’enogastronomia, ecco perché abbiamo scelto il nome ‘i Tuscani’. Fin dal principio abbiamo deciso di offrire ai nostri clienti prodotti regionali – precisa Enrico Burberi, titolare del ristorante -. Svolgiamo un approfondito lavoro di ricerca nel territorio, proponiamo formaggi, salumi e altri alimenti riconosciuti come PAT (Patrimoni Agroalimentari Tradizionali), sono 456, che oltre al gusto eccellente esprimono la storia e la cultura di queste zone”. Alla bistecca è abbinato ‘Tenuta Campo al Mare’ un taglio bordolese classico, rotondo e di ottima struttura, che si muove verso un sapore ricco e intenso, ma ben equilibrato. È uno dei vini rappresentativi e conosciuti della zona di Bolgari, della cantina Ambrogio e Giovanni Folonari, nasce dall’assemblaggio di quattro nobili vitigni francesi: Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Petit Verdot. Il sorso morbido, aromi intensi di amarena, piccoli frutti di bosco e sfumature speziate. Il vino si sposa anche con il ricco tagliere che comprende i crostini di fegatini di pollo, la finocchiona, il Capocollo di cinghiale, il prosciutto di grigio, la salsiccia di cervo, i salumi del mugello e un formaggio di mucca stagionato 24 mesi da accompagnare con la mostarda.
“Lavoriamo con fornitori che condividono la nostra filosofia, che si prendono cura con passione degli animali allevati e si interrogano sull’impatto ambientale. Ciò che facciamo celebra il meglio del loro lavoro, frutto di colture consapevoli e sostenibili: per questo motivo, quando ti serviamo le bistecche alla fiorentina e gli altri nostri piatti te li presentiamo con tutta la passione possibile”, spiega Burberi, Ma qual è l’iter e a cosa serve la frollatura? “Da noi arriva la lombata, lo chef la porziona, generalmente 1 kg, 1,3 kg., dipende dalla razza e dalle dimensioni, poi si passa alla frollatura (meat aging, in inglese) il processo chimico-fisico naturale di maturazione della carne che ha l’obbiettivo di rilassare le fibre così da fargli acquistare maggiore morbidezza, gusto e digeribilità.
Frolliamo le nostre carni dai 45 ai 50 gg, ma anche 75 gg, dipende sempre dal tipo di carne. Viene fatta scegliere al cliente. È tutto molto semplice.”
E la cottura? “A i Tuscani sono 10 anni che prepariamo bistecche, e da noi le si mangia solo al sangue!”
Cosa ne pensa della carne sintetica? “Di carne coltivata in laboratorio se ne parlerà sempre più, ovviamente. Noi portiamo sulla tavola ‘la Toscana più vera e genuina’ e l’approccio che abbiamo è di rispetto estremo verso l’animale, di cui nobilitiamo ogni parte. Dobbiamo poi considerare altri aspetti: in primis, la carne artificiale non costituisce la risposta alle problematiche etiche, di sostenibilità e di salute derivanti dall’intensificazione degli allevamenti, e poi non possiamo sapere adesso gli effetti che potrà portare a medio e lungo termine sulla salute delle persone”, risponde Enrico Burbieri.
Al termine di ogni pranzo e cena: Amaro Ipa, un fernet che ricorda il profumo intenso delle birre artigianali di stile IPA, con sentori di genziana e un retrogusto al luppolo; grappa monovitigno di Brunello di Montalcino della Distilleria Urbana Italia (Route 222 Argento), Route 222 è la via Chiantigiana, la strada che da un quartiere di Firenze si inerpica verso le colline del Chianti, per proseguire poi sotto Siena; Liquore Ratafia di Amarene – DU:IT dove le ciliegie vengono sciroppate, infuse nell’alcool e nel vino rosso di Montepulciano d’Abruzzo. E, della stessa distilleria, la Grappa della Felicità. Sambuca alle erbe aromatiche, grappa Maremmana, grappa Tiburzi, di Cipriani Liquori, una piccola azienda artigianale di liquori e grappe, di Capalbio. Tutte bottiglie lasciate sul tavolo al cliente.
Guarda il video: https://www.instagram.com/reel/C3n_XCXIR9j/?igsh=NzBjbXI1a21sMWhv
Clementina Speranza
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“Non colpisco per distruggere, ma per creare” è la sintesi del credo di Omar Hassan, artista di fama internazionale. La serie “Breaking Through” è espressione della action painting: Omar Hassan colpisce materialmente le tele con i guantoni da boxe impregnati di vernice. Fa a pugni fisicamente con la tela, catturando l’energia del gesto creativo.
Le tele sono con fondo bianco o nero della grandezza 1,6 per 2 metri e il tratto di Omar balza fuori, come un pugno di colore. La potenza e l’impeto della boxe, la cosiddetta nobile arte, si uniscono con la delicatezza e la leggerezza del gesto sportivo, trasferendo sulla tela squarci improvvisi di luce ed energia. Un’immagine che evoca la celebre frase di Muhammad Ali: “Pungi come un’ape, vola come una farfalla”. Alcuni suoi lavori sono nelle case di Spike Lee e Sharon Stone.
A soli 19 anni, a causa del diabete, Omar ha dovuto dire addio a una promettente carriera da pugile, ma ha saputo reinventarsi in campo artistico, la sua seconda grande passione. “Sono molto legato alla mia famiglia, ai miei genitori, che ringrazierò sempre perché sono due persone estremamente intelligenti. Mi hanno lasciato libero di fare le mie scelte”, rilette oggi le parole di Omar Hassan, pronunciate anni fa quando ha dovuto necessariamente cambiare senso di marcia, sono sorprendentemente un copia e incolla di quelle rilasciate da Jannik Sinner durante la premiazione degli Australian Open. È finito al tappeto senza però mai cedere alla tentazione di appendere al chiodo i suoi amati guantoni da boxe, facendone anzi uno strumento di redenzione.
Alcuni dei suoi 121 quadri (121 sono anche i round che Omar Hassan ha disputato in carriera prima dello stop forzato), che compongono la serie di opere “Breaking Through Black”, sono stati esposti alla IIIª edizione di (un)fair, la fiera-non fiera di arte contemporanea, che si è svolta dall’1 al 3 marzo al Superstudio Maxi di Milano.
La boxe è per Omar Hassan metafora della vita stessa. “Siamo tutti pugili. Ognuno ha le sue croci. Al mondo ognuno è da solo. Quando cadi devi imparare a rialzarti. Puoi trovare conforto con mamma, papà, moglie, figli, ma solo per un minuto. Lo stesso minuto di pausa che hai a disposizione tra un round e l’altro, quando vai all’angolo dal tuo team. Poi però sul ring sei da solo. Questa è la vita”.
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Tutto è nato da un’esigenza e dalla mente di Mauro Benincasa, il Ceo di HQ Food & Beverage, che si occupa da oltre 20 anni di catering nel settore luxury. Un’unica azienda, quattro brand specializzati in diversi settori del lusso, tutti accumunati da un servizio sartoriale, flessibilità e rapidità dell’offerta. “Con il mio socio, Maurizio Locatelli, organizzavamo voli privati e dovevamo dare a bordo servizi di qualità. Così nel 1999 lanciamo Hi Fly Catering che si occupa di riforniture di bordo dei jet privati – racconta Mauro Benincasa -. Nel 2005 apriamo la nostra cucina e ci attrezziamo per tutte le certificazioni aeroportuali”.
Da quest’esperienza nasce Dream-Eat, che si rivolge prevalentemente all’alta moda, alle produzioni cinematografiche e pubblicitarie. “Nel 2012 sondiamo nuovi terreni e creiamo brand dedicati ai catering di terra, e programmiamo l’apertura del nostro showroom a Milano: HangarQ, che si concretizza nel 2018. Una location arredata con parti di aeroplani dove abbiamo spostato le cucine di produzione. Facendo sposare ciò che facciamo con la sostenibilità, nel 2020, nasce BioQitchen”, riferisce Mauro Benincasa.
Cos’è per voi la sostenibilità? “Per noi non deve essere solo ambientale, ma anche economica per l’azienda, affinché possiamo destinare dei fondi per fare ricerca e innovazione. Abbiamo ideato, infatti, un comitato tecnico scientifico esterno alla nostra struttura composto da una designer svedese che collabora con una delle più grandi aziende di packaging sostenibile, c’è un professore di food design dell’Università di Roma ISIA, c’è Raffaele Lupoli, direttore generale di www.economiacircolare.com, a loro portiamo le nostre procedure e chiediamo di darci consigli e un indirizzo su come poterle migliorare. Da qui una ricerca ragionata del packaging innovativo, non vogliamo escludere la plastica a priori, nel momento della ristorazione ci sono casi in cui può essere efficace avere una plastica riutilizzabile, oppure utilizzare il vetro o la ceramica. Ci sono dei parametri che teniamo in considerazione. Ad es. quanto pesa il prodotto, per quanto tempo dobbiamo trasportarlo, come possiamo riutilizzarlo, quanto costa lo smaltimento in termini economici e ambientali. Quando abbiamo calcolato il nostro scarto alimentare tra bucce, ecc, eravamo intorno al 2% e oggi siamo a meno di questa percentuale. E con l’aiuto del comitato tecnico scientifico saremo in grado di dare un report di sostenibilità a fine di ogni evento”, precisa Mauro Benincasa.
Nel 2022 BioQitchen ha preparato 69710 primi piatti, 106516 secondi piatti, 94132 contorni e 96996 dessert, numeri importanti che, se misurati con l’acquisto di materie prime biologiche (100% acquisti di filiera controllata e 92% prodotti alimentari biologici), danno il senso della crescita esponenziale di questo catering nato solo nel 2020.
Il brand del Gruppo HQ Food & Beverage è green nei fatti, limitando al massimo gli sprechi, a partire dal territorio circostante la sede di via Tertulliano n. 68, dove si svolgono tutte le preparazioni, con un impatto minimo sull’emissione di inquinamento acustico e dei fumi provenienti dalle cappe della cucina. Anche l’inquinamento è ridotto con l’utilizzo del veicolo full electric Toyota Proace City, che riduce ogni mese 180.000 g di CO2, immessi da veicoli convenzionali.
Tutti i packaging scelti da BioQitchen sono green, a partire dalla scelta della polpa di cellulosa, della carta, delle ceramiche e del bamboo per i piatti e vassoio.
Non solo la produzione alimentare, ma anche l’amministrazione è inserita in un virtuoso processo di sostenibilità, tanto che non si stampa più carta per gli ordini, grazie a un software di condivisione aziendale: 52 risme di carta risparmiate all’anno, equivalenti a – 130 kg di carta.
BioQitchen vanta oggi prestigiosi partner dall’anima sostenibile e biologica: Alce Nero, Pastificio Felicetti, L’Agricologica, Amatrice Terra, Viva, Carioni Bio, PrimaVera, Ceretto, Mia Kombucha, Wami, Caffè delle Donne (Torrefazione El Miguel), Agricooltur e Legù.
La cucina è internazionale. “I nostri chef spaziano dalla cucina sudamericana, a quella del farest, dalla cucina mediorientale a quella mediterranea. I nostri clienti possono chiederci qualsiasi cosa (quasi)”, precisa Benincasa. Un esempio? “Polpettine chef made per il cagnolino. Un allestimento di Alice nel paese delle meraviglie per una bimba. E siamo riusciti anche a recuperare 7 filetti di orata ordinati alle 10 di sera di domenica, per una consegna in aeroporto l’indomani alle 7. Cerchiamo sempre di soddisfare i clienti”, ricorda sorridendo Benincasa.
E per il futuro? Un nuovo laboratorio di produzione dedicato a piatti semilavorati o pronti sostenibili gourmet e salutari da distribuire nel mondo dell’hôtellerie. Un luxury catering Made in Italy”. Cos’è per voi il made in Italy? “È ciò che quotidianamente cerchiamo di raggiungere: gusto, bellezza, stile ed eleganza”.
Guarda il video di EMME22 sull’evento BioQitchen
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Clementina Speranza
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La vitiligine è una patologia cronica autoimmune che va oltre la pelle e affligge 330 mila persone in Italia. L’associazione di pazienti ANAP Onlus – Associazione nazionale “Gli Amici per la Pelle” ha raccolto in un Manifesto le cinque azioni da intraprendere per ottimizzare la gestione di questa patologia.
I CINQUE PUNTI DEL MANIFESTO PER I DIRITTI DEI PAZIENTI AFFETTI DA VITILIGINE
RICONOSCIMENTO DELLA VITILIGINE: la vitiligine è una patologia cronica autoimmune e sistemica, spesso progressiva. In quanto patologia sistemica, è tipicamente associata ad altre patologie come la tiroidite autoimmune, il diabete autoimmune, l’artrite reumatoide o la depressione.
Queste caratteristiche rendono la vitiligine una patologia complessa, che necessita di essere adeguatamente gestita in maniera multidisciplinare e personalizzata
ELIMINAZIONE DELLO STIGMA: lo stigma nei confronti delle persone con vitiligine persiste, portando a isolamento sociale e disagi psicologici con aggravamento di ansia e depressione.
La promozione della corretta informazione sulla vitiligine nella popolazione generale è fondamentale per abbattere lo stigma, così come è importante portare avanti iniziative di awareness che promuovano una maggiore consapevolezza sulla patologia e sul vissuto dei pazienti che ne sono affetti.
ACCESSO EQUO E TEMPESTIVO ALLE CURE: i pazienti hanno diritto ad accedere ai migliori standard di terapia sulla base del proprio quadro clinico, beneficiando dei progressi medico-scientifici senza barriere legate a fattori geografici e/o socio-economici.
CREAZIONE DI RETI REGIONALI E DI PERCORSI DI CURA INTEGRATI: la creazione di reti regionali dermatologiche e di percorsi dedicati per l’individuazione, la presa in carico e il trattamento dei pazienti con vitiligine sono essenziali per garantire una gestione coordinata ed integrata della patologia, con un approccio multidisciplinare che può generare effetti positivi anche sul Sistema-Salute nel suo complesso.
SUPPORTO PSICOLOGICO: la vitiligine ha un impatto significativo sulla sfera famigliare, sociale e lavorativa delle persone che ne sono affette, con pesanti ripercussioni sulla qualità di vita e sulla salute mentale dei pazienti, in particolare sui minori e sugli adolescenti. Il riconoscimento di questo burden da parte delle istituzioni è centrale nella costruzione di percorsi di presa in carico adeguati, pertanto, è auspicabile che il supporto psicologico sia parte integrante di questi modelli, per contribuire a mitigare ansia e depressione e migliorare la salute complessiva dei pazienti.
“Purtroppo c’è ancora molta disinformazione sulla vitiligine – spiega Ugo Viora, Presidente dell’Associazione –. Questa condizione viene spesso ricondotta alla sola sfera estetica, quando si tratta di una vera patologia cronica autoimmune, con un forte impatto psico-sociale sui pazienti, la metà dei quali è rappresentata da minori e giovani adulti: ansia e depressione risultano rispettivamente il 72 per cento e il 32 per cento più diffuse rispetto al resto della popolazione e il ricorso a percorsi di terapia è 20 volte più frequente. Il Manifesto nasce con l’intento di fare chiarezza sulla vitiligine e lanciare un appello alle istituzioni affinché vengano intraprese le azioni necessarie per supportare i pazienti e le loro famiglie”.
Riconoscimento, eliminazione dello stigma, accesso alle cure, creazione di percorsi di presa in carico e supporto psicologico sono le istanze dei pazienti raccolte nel Manifesto presentato oggi in Senato, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Caduti di Nassirya, su iniziativa del Senatore Ignazio Zullo, membro della X Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza Sociale e Presidente dell’intergruppo parlamentare sulle patologie autoimmuni, che afferma: “La vitiligine è una patologia cronica e, pertanto, è imperativo garantire un adeguato supporto da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Un passo fondamentale in questa direzione è l’inserimento della vitiligine nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Guardando al futuro, si aprono prospettive terapeutiche promettenti, e ciò richiede un impegno concreto per assicurare un accesso equo e tempestivo a tali innovazioni. È evidente che occorre adottare un nuovo approccio alla governance della vitiligine, come sottolineato durante gli incontri con i portavoce del mondo politico-istituzionale. Le azioni più urgenti comprendono il riconoscimento della vitiligine come patologia cronica e l’impegno per garantire un accesso equo alle nuove prospettive terapeutiche”.
La necessità di intraprendere questo percorso è resa ancora più stringente dal fatto che ad oggi più del 60% dei costi per la cura della vitiligine sono a carico del paziente e della sua famiglia, non essendoci ancora un codice di patologia che dia diritto ad esenzioni.
All’incontro ha partecipato anche Jéan-Marie Meurant, Vicepresidente VIPOC, Comitato Internazionale che rappresenta i pazienti con vitiligine a livello mondiale. “La Commissione Europea ha riconosciuto la vitiligine come una delle più invasive patologie della pelle, capace di condizionare pesantemente la qualità di vita delle persone che ne sono affette. In Europa sono stati fatti passi importanti per dare risposte ai pazienti, ora è responsabilità dei singoli stati membri avviare dei percorsi strutturati. Auspichiamo che l’incontro di oggi vada in questa direzione, centinaia di migliaia di pazienti aspettano”.
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