Tanto amata e tanto odiata, apprezzata e denigrata, cercata e temuta. È l’intelligenza artificiale (AI). Nella musica, separando la voce di John Lennon dal suono del pianoforte, ha consentito l’arrangiamento di un nuovo brano dei Beatles; a San Francisco è presente in 500 robotaxi, auto a guida autonoma e senza conducente; in Italia, uno studio clinico ne ha dimostrato l’efficacia nella diagnosi di Retinopatia Diabetica, fra le principali cause di ipovisione e cecità nel mondo. Lo studio tutto italiano che ha visto l’impiego di DAIRET®, algoritmo di intelligenza artificiale, è stato pubblicato sulla rivista americana Diabetes&Obesity International Journal e sulla rivista internazionale Acta Diabetologica nel settembre 2023.
La retinopatia diabetica (RD), che colpisce la retina, la membrana che riveste la superficie interna dell’occhio, è una delle complicazioni più frequenti del diabete. Nelle fasi iniziali la malattia è asintomatica perché i primi danni si registrano di solito nelle aree più periferiche della retina, non interessate alla visione distinta. Questo fa sì che spesso la diagnosi arrivi in ritardo, quando i danni sono ormai irreversibili.
In Italia sono oltre 3 milioni le persone con diabete e il 30% di queste potrebbe andare incontro a una forma di retinopatia diabetica.
L’idea dello studio è venuta al dottor Alberto Piatti, responsabile della Oculistica territoriale della Asl Torino 5, preoccupato per l’alto numero dei pazienti e per la scarsità delle risorse mediche. “Seguiamo 14 mila pazienti diabetici, e per riuscire a esaminare tutti abbiamo pensato di ricorrere al supporto dell’intelligenza artificiale”, riferisce il dottor Piatti.
Giorda, Romeo, Manti sono i diabetologi che lo hanno affiancato. “Nel 2022, abbiamo condotto uno studio osservazionale che ha interessato i 4 Centri di Diabetologia dell’ASL Torino 5. I partecipanti allo studio, età minima 18 anni, avevano ricevuto una diagnosi di diabete (di qualsiasi tipo, escluso quello gestazionale), ed erano stati sottoposti allo screening della retinopatia in occasione della visita periodica per il controllo del diabete”, spiega Piatti.
Lo studio ha utilizzato una procedura di screening tramite l’impiego sistematico di DAIRET®(Diabetes Artificial Intelligence for RETinopathy), algoritmo diIntelligenza Artificiale per lo screening di primo livello della retinopatia diabetica. L’apprendimento della macchina è stato allenato nella valutazione della RD nel 2015 e nel 2018 su oltre 55 mila pazienti e 245 mila immagini.
Ma come funziona? “L’intelligenza artificiale di DAIRET® lavora all’interno di una cartella clinica digitale, un software di cui quasi tutti i reparti di diabetologia italiana dispongono – precisa Piatti –. Non è quindi necessario fornire dati a un ente esterno. Come tutte le cartelle, ha anagrafica, anamnesi e dashboard, una sorta di lavagna con diario delle visite con una parte che va compilata dall’oculista dove appuntare tutte le complicanze che il diabete può dare”.
È un digital folder, cioè una cartella digitale che raccoglie i dati dei pazienti visitati nei centri di diabetologia e degli oculisti che seguono le complicanze del diabete.
“Sono stati considerati 637 pazienti. Le immagini retiniche erano ottenute adoperando un sistema di immagini del fondo dell’occhio non midriatico (true color, confocale) – precisa Piatti –. Veniva fotografata la retina e le immagini ricavate venivano esaminate dall’intelligenza artificiale che forniva un referto. Per cui tutti i pazienti hanno ricevuto il referto sperimentale dell’AI e quello del medico, e i due risultati sono stati comparati per verificare se la diagnosi dell’intelligenza artificiale era corretta. L’AI ha individuato al 100% i pazienti con una retinopatia molto alta, da dover trattare, e il 70% delle forme più lievi, dove la retinopatia diabetica non era da trattare. Tutti i pazienti che avevano bisogno di cure, quindi, sono stati individuati”.
I dati dello studio hanno anche evidenziato un’accurata sensibilità dell’algoritmo nel rilevare i casi lievi e moderati, con rilevante specificità.
DAIRET®, il sistema di Intelligenza Artificiale per la valutazione automatizzata della retinopatia diabetica, ha dimostrato quindi di essere un ottimo strumento per accelerare il percorso diagnostico e ridurre il tempo di attesa per i pazienti. “I risultati sono stati molto buoni. Il tempo di esecuzione di uno screening con DAIRET®è di 2 minuti a persona. Il grande vantaggio dell’AI è che fa grandi numeri e non si stanca mai. Normalmente i diabetologi visitano una ventina di pazienti al giorno, noi in un mese abbiamo raggiunto 637 pazienti, un numero sufficiente per avere una significatività statistica”.
L’Intelligenza Artificiale permette uno screening rapido, individuando precocemente i pazienti che necessitano di un approfondimento da parte dell’oculista. La classificazione, poi, è affidata all’oculista che diagnosticherà se la RD è lieve (R1), moderata (R2) e grave o pre-proliferante (R3), o se si tratta di retinopatia proliferante (RP).
Dallo studio sono emersi anche i seguenti dati: l’età media dei partecipanti (18-92 anni) era 65 anni, il che riflette l’età avanzata della popolazione che in Italia frequenta i Centri per il diabete. 61 pazienti (9%) avevano il diabete tipo 1 e 555 (82%) tipo 2. Il 43% dei partecipanti erano donne e il 57% uomini. Come ci si aspettava, i soggetti col tipo 1 erano più giovani ma con una durata della malattia più lunga rispetto ai pazienti col tipo 2. “La Retinopatia Diabetica è responsabile di cecità nelle persone giovani (40/50 anni) in piena età lavorativa. Il diabete di tipo 1 inizia spesso anche a 10-12 anni di età e dopo circa 20 anni può comportare danni alla vista. Per cui è un grosso problema sociale e anche lavorativo”, sottolinea il dottor Piatti che, prima di intraprendere lo studio sull’AI, era stato premiato a Varsavia, da ESASO (European School for Advanced Studies in Ophthalmology), Associazione che insegna ai giovani oculisti le tecniche oftalmologiche più innovative sia in ambito chirurgico che in ambito clinico, presentando un percorso di diagnosi e cura dei pazienti con Retinopatia Diabetica.
Identificare le lesioni precoci, ancora suscettibili di trattamento risolutivo, assume enorme rilevanza nella prevenzione della cecità dovuta al diabete. Infatti, se eseguita prima della comparsa di sintomi visivi, la fotocoagulazione laser previene la perdita della vista in oltre il 95% dei casi di retinopatia proliferante. Le persone con diabete, anche in assenza di una sintomatologia specifica e soprattutto dopo i 40 anni, dovrebbero sottoporsi periodicamente all’esame del fondo oculare in modo da poter identificare precocemente la comparsa di lesioni alla retina prima dello sviluppo di ulteriori complicanze. Nelle forme di edema maculare diabetico, oggi causa principale di danno visivo nel diabete, è efficace l’intervento mediante iniezione intravitreale di farmaci biologici e/o steroidi.
Ci sono stati pazienti a cui non è stato possibile effettuare l’esame? “Lo screening viene fatto con la retinografia in via prioritaria, non in via assoluta, e ci sono dei casi in cui non è stato possibile effettuarlo, per esempio in presenza della cataratta, o nel caso di una pupilla molto stretta in alcune persone anziane perché la macchina fotografica del retinografo non riesce a passare attraverso pupille molto piccole”, precisa Piatti.
È uno studio in prospettiva futura perché al momento la normativa non consente l’uso dell’AI. “Nella pratica clinica non ci serviamo dell’intelligenza artificiale in modo autonomo – sottolinea Piatti –, si può utilizzarla solo come supporto perché non è ammessa in Italia una diagnosi da macchina. Abbiamo usato l’AI nello studio per verificare i suoi dati di sensibilità e specificità. La nostra indagine ha dimostrato che la sensibilità è molto elevata, e il giorno in cui sarà approvata a livello europeo la normativa per utilizzare l’intelligenza artificiale in autonomia, senza che il medico riverifichi ogni volta l’esame, si potrà farlo.
L’AI nel campo medico, specialmente nello screening della RD, rappresenta una eccitante frontiera nella Medicina. Screening guidati dall’AI possono abbassare significativamente i costi per la salute riducendo la necessità di rivolgersi a personale specializzato e rendendo più efficaci i processi di analisi. È essenziale notare che questi sistemi debbono essere visti come strumenti per aiutare, non per sostituire, l’intervento del personale sanitario umano. Combinando le forze dell’AI e dell’esperienza umana possiamo sperare di ottenere per il futuro delle cure precise, accessibili ed efficaci.
Le evidenze emerse dallo studio offrono alle società scientifiche diabetologiche spunti di riflessione circa la possibilità di applicare questa nuova metodica di screening nella pratica clinica quotidiana. L’AI, sono in molti a criticarla… ma come spesso succede il segreto è tutto nel come viene utilizzata. Il problema non è l’intelligenza artificiale, ma chi la usa.
Clementina Speranza
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Il piacere di correre al mattino presto da soli, senza fretta, senza stress, solo il rumore dei passi sull’asfalto. Per molte persone, la strada è un luogo in cui sentirsi se stessi, indossando e pensando quel che si vuole senza schemi e regole. In “What women want” è così che i corridori dovrebbero vivere la corsa secondo gli attori Helen Hunt e Mel Gibson, ma di cosa hanno davvero bisogno i runners per dare il massimo durante le loro prestazioni? Sicuramente di una calzatura con caratteristiche ben precise per rendere la corsa sicura e piacevole.
Le scarpe da running, infatti, devono rispondere a quattro caratteristiche fondamentali: leggerezza, flessibilità, protezione e controllo. Le scarpe meno pesano e più agevolano nello sforzo soprattutto per chi percorre distanze molto lunghe e devono anche difendere il piede dai microtraumi dovuti agli impatti con il terreno. Queste peculiarità le conosce molto bene anche HOKA®, il brand francese di scarpe e abbigliamento sportivo nato nel 2009 e successivamente acquisito del gruppo Deckers Brands, che recentemente ha presentato la nuova calzatura Clifton 9.
La nona versione della serie Clifton è il frutto di una sostanziale rivisitazione delle trainer con l’obiettivo di fornire a ogni runner l’opportunità di migliorare le sue performance. “Clifton non è solo uno dei nostri prodotti di punta più popolari, ma vuole essere il compagno ideale per un’esperienza di corsa più piacevole e adatta a runner con qualsiasi livello di esperienza – dichiara Colin Ingram, Senior Director of Product di HOKA® –. Riteniamo che sia i fans di lunga data che i nuovi runners ritroveranno in questa scarpa le caratteristiche di fluidità ed equilibrio tipiche delle Clifton, ma saranno allo stesso tempo sorpresi dalla leggerezza e dalla reattività della nostra nuova versione”.
Riducendo di 4 grammi il peso e incrementando di 3 millimetri l’altezza della suola, la nuova scarpa da running offre sensazioni rivitalizzanti alla pianta del piede grazie alla nuova schiuma reattiva e a un design della suola migliorato. Privata dei rinforzi e degli elementi termofusibili, la tomaia semplificata è stata realizzata con processi rispettosi dell’ambiente ed è caratterizzata da un tallone più morbido dotato di pannello catarifrangente e una linguetta snellita e rinforzata sul lato mediale.
Con un peso di 205 grammi per la taglia 7 da donna e di 248 grammi per la taglia 9 da uomo, questa scarpa rappresenta la combinazione perfetta di morbidezza e leggerezza per migliorare la velocità, infatti anche pochi milligrammi possono fare la differenza quando si è già molto veloce o si cerca di diventarlo ancora di più.
Scegliere le calzature adatte, quindi, non significa semplicemente acquistare le stesse indossate dagli amici più navigati o quelle disponibili in negozio, ma utilizzare le migliori scarpe da corsa comode e con il giusto supporto, sia per chi sta approcciando per la prima volta il mondo del running sia per chi si sta allenando per l’ennesima maratona.
Simone Lucci
Deckers Brands vanta oltre 40 anni di storia nella creazione di marchi di calzature di nicchia e si occupa della progettazione, commercializzazione e distribuzione di scarpe, abbigliamento e accessori innovativi sviluppati sia per l’uso quotidiano in uno stile di vita casual che per attività ad alte prestazioni. L’azienda include nel suo portafoglio i marchi UGG®, KOOLABURRA®, HOKA®, Teva® e Sanuk®. I prodotti Deckers Brands sono venduti in più di 50 Paesi e territori attraverso grandi distributori selezionati, negozi specializzati, punti vendita di proprietà e negozi online selezionati, inclusi i siti web di proprietà dell’azienda.
Si chiama Wagyu ed è la carne più pregiata al mondo, ricavata da una razza speciale bovina geneticamente idonea a produrre carne di qualità. Wagyu è un termine composto da due ideogrammi giapponesi “WA” (和), significa Giappone, e “GYU” (⽜) vuol dire manzo, quindi il significato finale è “manzo giapponese”. Identifica alcune razze di bovini del Sol Levante allevate in diverse zone del Giappone con il marchio “Wagyu Japan Beef”, l’unico che certifica la vera e autentica carne di manzo Wagyu giapponese. Sono contraddistinte da una carne estremamente marezzata (la texture è caratterizzata da fitte e sottili striature di grasso che ricordano alla vista quelle del marmo, si chiama shimofuri), dona elevata morbidezza, estrema succosità, sapore intenso ma delicato. Il suo grasso contiene anche alti livelli di acido oleico, un acido grasso che ha un punto di fusione a una temperatura inferiore a quella del corpo umano (20°). Questo significa che quando lo mangiamo, si scioglie letteralmente in bocca. Altra importante caratteristica è il suo gusto unico. Infatti quando viene riscaldato a 80° gradi, sviluppa uno specifico aroma che non si trova in altre specie di manzo.
A ogni mucca nata in Giappone viene assegnato un numero di identificazione di 10 cifre. Questo numero viene mantenuto per tutta la filiera, dalla nascita alla vendita e consente di conoscere quando e dove è nata la carne bovina e dove è stata lavorata. I campioni di DNA di tutti i bovini vengono raccolti e conservati in Giappone, quindi l’autenticità può essere facilmente verificata eseguendo un test di corrispondenza del DNA. Il Japan Livestock Products Export Promotion Council ha sviluppato un rilascio di certificati che utilizza codici QR per ottenere facilmente sull’autenticità e la qualità del manzo Wagyu acquistato: data di nascita, sesso, razza, registrazione del pedigree, luogo di produzione, data di lavorazione e il grado. La produzione di carne bovina in Giappone nel 2020 è stata di 477 mila tonnellate e rappresenta meno della metà della produzione canadese. Il Wagyu rappresenta circa il 48% e quasi tutti, il 98%, provenivano dal Wagyu nero giapponese. Sebbene esistano altre tre razze classificate come Wagyu giapponese (Marrone giapponese, Corno corto giapponese e Polled giapponese), la loro produzione di carne è solo dell’1%. Il volume delle esportazioni ammonta a circa 8.000 tonnellate e quindi è molto prezioso sul mercato globale.
La Qualità della carne è controllata da un sistema di classificazione ufficiale. La carcassa viene giudicata oggettivamente da selezionatori certificati della Japan Meat Grading Association in base al grado di resa e di qualità della carne. II gradi della resa sono classificati in tre categorie ABC in base al rapporto finale di carne. Il grado di qualità invece è classificato da 5 a 1 in ordine decrescente di qualità, in base a quattro criteri: marezzatura (beef marbling standard), colore della carne, qualità del grasso, compattezza e consistenza della carne. Il Beef Marbling Standard è suddiviso in 12 punteggi, i più alti, dal 12 all’8 sono classificati come Grado 5.
Vi sono quindi un totale di 15 classi in base alla resa e alla qualità, il 75% della carne Wagyu è attualmente classificata come carne eccellente, A5 o A4. Facendo un paragone con altre razze, come quella australiana alimentata a cereali, e per la maggior parte classificata come B3 o B2; mentre il prime-cut, ovvero la qualità più elevata degli Stati Uniti, rappresenta solo il 10% della carne classificata.
Isabella Scuderi
È tra i prodotti più famosi e apprezzati della cucina transalpina. Può essere d’anatra (canard) o d’oca (oie). Si tratta del foie gras, alimento disciplinato dalle leggi francesi.
Ed è sicuramente la Francia il principale produttore e consumatore di foie gras di anatra e di oca al mondo. ll foie gras francese viene commercializzato secondo diverse tipologie previste dal disciplinare: entier (intero), il più costoso, blocco intero costituito da uno o due pezzi dello stesso fegato o al massimo di due fegati differenti; quello costituito da diversi pezzi di fegato compattati insieme; bloc de foie gras, il meno costoso, composto da almeno il 98% di foie gras cotto, dove i vari pezzetti formano un composto emulsionato. Esistono poi altre categorie commerciali meno pregiate che rispondono ai nomi di paté e mousse de foie gras (entrambe devono contenere almeno il 50% di fegato), senza dimenticare il parfait (che deve contenerne almeno il 75%).
Foie Gras Gourmet è l’unico sito e-commerce, che offre la possibilità di inviare scatole di foie gras d’anatra o d’oca all’estero (in Europa, ma anche negli USA, in Australia, a Hong-Kong, ecc.), nessun dazio doganale sarà richiesto al destinatario, che riceverà il suo pacco in 2 o 4 giorni.
Foie Gras Gourmet è nato nel 2014 e ha lo scopo di far di scoprire il miglior Foie Gras del Sud-Ovest della Francia.
L’IGP (Indicazione Geografica Protetta) Sud-Ovest o Périgord, Label Rouge, l’Appellazione Oca del Périgord garantiscono l’origine del Foie Gras, ma anche il rispetto di una serie di regole per quanto riguarda i criteri di allevamento e di produzione.
Il foie gras del brand Foie Gras Gourmet è preparato nel rispetto della tradizione ed è realizzato da una cooperativa di artigiani: viene meticolosamente lavorato a mano, poi cotto e condito solo con sale e pepe, senza aggiunta di alcun colorante, conservante o additivo.
Le anatre e le oche vengono allevate in libertà e nutrite con mais nelle pianure di Chalosse, a sud delle Landes, dipartimento della regione della Nuova Aquitania.
Il foie gras si mantiene per diversi anni a temperatura ambiente (la data di scadenza è stampata sul barattolo/lattina), va conservato in un luogo fresco e asciutto o in frigorifero. Se si conserva fuori, si consiglia, prima della degustazione, di tenerlo in frigorifero per un paio di ore. Una volta aperto può essere conservato per diversi giorni, sempre in frigorifero. Andrebbe servito a temperatura ambiente, tagliato col coltello a fette di circa 0,5-1 centimetro di spessore. Non andrebbe spalmato, ma mangiato intero, anche solo con un pezzetto di pane.
Da poco Foie Gras Gourmet ha rinnovato il proprio sito e-commerce e ha aggiunto alla vendita una selezione di prodotti da accompagnare al Foie Gras d’anatra o d’oca, intero o in blocchi, per degustarlo meglio.
Condimenti:
– Chutney di mango, Chutney di fichi e Confit di cipolla, tutti provenienti da agricoltura biologica del marchio Saveurs&Fruits.
– Bucce di Tartufo Nero e Tartufi Neri extra spazzolati della marca Plantin.
Vini:
– La Ficelle de Saint-Pourçain, AOC, Denominazione di Origine Protetta, Saint-Pourçain in Alvernia, da uve Gamay e Pinot Noir.
– Comte de Beaulieu, AOC, Denominazione di Origine Protetta, Côtes de Bergerac. Vino dolce prodotto con le varietà di uva Sémillon e Muscadelle.
– Les Gouyats, AOC, Denominazione di Origine Protetta, Périgord. Vino prodotto in Dordogna dalla famiglia Dubard, realizzato con le uve Sauvignon Blanc e Sémillon.
Quindi abbinatelo a vini dolci passiti, bianchi molto profumati, champagne, spumanti e moscati liquorosi. Cin!
EMME22
L’Asolo Prosecco Superiore DOCG Extra Dry di Tenuta Amadio è stato eletto Best Prosecco a The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2023. Si tratta del più autorevole concorso al mondo sugli spumanti creato da Tom Stevenson, uno dei degustatori di riferimento nel panorama delle bollicine. Ferree le regole di degustazione: tutti gli assaggi vengono condotti alla cieca, i vini in concorso vengono versati in calici codificati prima di essere sottoposti ai giudici, la giuria non vede mai le bottiglie in degustazione, neppure coperte. Un rigore che premia solo la qualità.
A salire sul podio l’Asolo Prosecco Superiore DOCG Extra Dry 2022, giovedì 2 novembre a Londra. Il titolo pone la cantina di Monfumo, guidata da Simone e Silvia Rech, ai vertici dell’enologia nazionale e internazionale, confermando la vocazione vitivinicola di un territorio unico al mondo.
“È una grandissima soddisfazione ricevere questo riconoscimento da esperti del calibro di Tom Stevenson, Essi Avellan e George Markus – commenta Simone Rech – e siamo ancor più fieri di aver ottenuto questo risultato con il nostro Asolo Prosecco DOCG, un vino che è la più autentica espressione del nostro amore per le colline in cui viviamo e lavoriamo. Un territorio prezioso, ricco di storia e cultura, che dobbiamo preservare e valorizzare anche attraverso un’enologia di assoluta eccellenza e sempre rispettosa dell’ambiente”.
Tenuta Amadio nasce dalla passione e dalla volontà di Simone Rech, che assieme alla sorella Silvia, hanno ereditato dal nonno la proprietà. Hanno recuperato la vocazione vitivinicola del territorio e ripopolato i vigneti della proprietà sita a Castelli di Monfumo, in provincia di Treviso. Le caratteristiche distintive di Tenuta Amadio sono la sostenibilità a 360 gradi, non solo in vigna ma in tutto il processo produttivo, e l’attenzione al territorio che passa attraverso la riscoperta di alcuni vitigni antichi, quali la Bianchetta trevigiana.
I vini di Tenuta Amadio nascono a Monfumo, nel cuore della denominazione “Asolo Prosecco” e sono il risultato di una filiera di produzione caratterizzata da avanguardia tecnologica, rigorosamente controllata, e di una lavorazione delle uve effettuata interamente a mano.
La proprietà si sviluppa in diversi possedimenti: il Vigneto del Biss, il Vigneto del Longon e il Vigneto Era Grande. Grazie alle loro specificità offrono uve diverse per sapore e caratteristiche. “Curare il nostro prodotto dalla terra alla bottiglia, seguendo con passione e metodica disciplina ogni fase della lavorazione, è la nostra missione – afferma Silvia Rech –.Collaboriamo inoltre con le iniziative culturale del territorio, mirate a promuovere questa terra e i suoi prodotti. Una terra dove il Prosecco Asolo DOCG rappresenta l’eccellenza. Proponiamo degustazioni anche nel fine settimana ed è possibile effettuare la visita guidata alla cantina, ammirare i vigneti e il giardino didattico, scoprire le varietà autoctone dei colli trevigiani”.
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