“Fin dalla prima giovinezza, sono rimasto catturato dalla Bibbia; mi è sembrato, e ancora mi sembra, che sia la più grande fonte di poesia di tutti i tempi. Da allora ricerco questo riflesso, nella vita e nell’arte. La Bibbia è come una risonanza della natura, ed è questo il segreto che ho cercato di trasmettere”, afferma il pittore russo Marc Chagall, uno tra i maggiori interpreti dei testi sacri nell’arte contemporanea. L’artista, infatti, ha uno stretto rapporto con la religione ebraica e rilegge in chiave pittorica il messaggio biblico. L’inedita e approfondita narrazione della Bibbia, tra storie e creature fantastiche, è proprio il tema della mostra dedicata all’artista russo che, dal 23 maggio al 29 agosto, sarà ospitata nella cornice della Complesso Monumentale del San Giovanni di Catanzaro. La mostra è prodotta e organizzata dal Comune di Catanzaro e dall’Assessorato alla Cultura della Città di Catanzaro con Arthemisia, azienda per la produzione, organizzazione e allestimento di mostre d’arte a livello nazionale.
A cura di Domenico Piraina, l’esposizione “Chagall. La Bibbia” vede esposte 170 opere grafiche ed è corredata da un ampio apparato didattico sui temi chagalliani e biblici, sull’ebraismo in Calabria e sulle influenze dell’arte ebraica sulla cultura contemporanea. Sono esposte anche le opere dei due celebri artisti contemporanei Max Marra e Antonio Pujia, a completamento di un percorso ricco e inedito. Attraverso le serie della Bibbia, in bianco e nero e a colori, e La storia dell’Esodo, l’esposizione si propone di evidenziare quel “segreto” di consonanza con la natura che l’artista ha voluto trasmettere e illustra come la Bibbia per lui sia soprattutto una storia di uomini, una vicenda di patriarchi e di profeti, di re e di regine, di spose, di pastori: Noè, Abramo, Giacobbe, Isacco, Rebecca, Rachele, Giuseppe, Mosè, Aronne.
I soggetti onirici, surreali, e il tratto semplice e genuino dei dipinti di Chagall lasciano nello spettatore una sensazione di pace e serenità spingendolo a un’immediata empatia con l’autore. Ma la vita dell’artista è complessa.
Marc Chagall (all’anagrafe Moyshe Chagall) nasce in una famiglia ebraica nel quartiere di Vitebsk (Russia) nel 1887, e la sua esistenza è segnata dai grandi eventi storici della prima metà del XX secolo. L’artista, però, acquisisce la sua identità artistica a Parigi, dove viene riconosciuto dai più grandi poeti e artisti surrealisti come uno di loro.
Nel 1914, Chagall rientra in Russia per rivedere Bella, la sua ragazza, il suo grande amore, la sua musa. Sebbene l’intenzione fosse quella di ritornare a Parigi dopo una breve permanenza, lo scoppio della prima guerra mondiale e la rivoluzione bolscevica in seguito lo costringono a rimanere fino al 1922 nel suo paese dove lavora per la Rivoluzione fondando un’Accademia d’Arte, e dipinge per il Teatro ebraico di Mosca.
Chagall torna poi a Parigi, dove la sua fama di pittore e illustratore ha inizio. Durante la seconda guerra mondiale, si rifugia negli Stati Uniti, dove risiede dal 1941 al 1948 per evitare la persecuzione nazista. Nel 1944, Bella muore inaspettatamente e Chagall smette di dipingere per qualche tempo. Nel 1948 torna in Francia, questa volta a Nizza e a Saint-Paul-de-Vence, dove muore nel 1985.
Una vita artistica e privata quasi centenaria ricca di magia, seduzione, fantasia e opere danzanti.
Simone Lucci
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Emiliano di adozione, creativo, autentico, comunicativo. Lui è Filippo Bragatt, artista famoso per le installazioni e per i grandi ritratti di personaggi famosi. Di recente, un suo bellissimo dipinto nella copertina della rivista Arbiter e “Never Let Your Brain Sit”, l’installazione donata al comune di Santa Margherita Ligure: una panchina rosa, bianca e blu attraversata da un albero. “Quella panchina nasce per dimostrare che la natura si può ribellare: in una panchina su cui ci rilassiamo, leggiamo il giornale, ci baciamo, irrompe un albero. Vuole essere un monito per trovare una convivenza sostenibile”.
Ho conosciuto Bragatt mentre facevo un ordine per i miei negozi in un’azienda di streetwear (Progetto 27) dove Bragatt è consulente creativo. Inizialmente sulle stampe delle t-shirt reinterpretava, e in parte dissacrava, alcuni personaggi storici italiani famosi in tutto il mondo: Dante Alighieri, Garibaldi, Leonardo da Vinci, Giuseppe Verdi. Così i geni diventavano moda e la moda diventava arte.
La sinergia creata tra l’artista e il fashion brand ha fatto sì, che i capi venissero indossati anche da personaggi dello spettacolo.
Il nostro incontro più recente avviene a Firenze, in un bar. Mi saluta con un gran sorriso e inizia con questa frase la nostra intervista, “Grazie Cristiano per essere qua, vedi ogni storia è un cammino in cui l’emozione più bella è negli inizi, iniziamo questo piccolo viaggio insieme in maniera solare”. Mi colpisce la sua frase, e mi colpisce la storia della sua carriera: un percorso, fatto di scelte, incontri, scontri e fortune, partendo dalla provincia di Milano. Bragatt comincia la sua carriera esibendosi in spettacoli comici in locali di provincia, ma capisce presto che preferisce le arti grafiche, un metodo veloce e diretto per arrivare alle persone.
Mentre parliamo poggia sul tavolo la tazza di caffè, sorride e dice “L’arte salva chi la fa”. E mi spiega, che il bello di fare arte è proprio partire dalle sconfitte e risalire la china.
Un suo sogno? Esporre al Moma di New York.
Ma quale opera esporrebbe? “Un’idea che riguarda la capacità di sognare, semplice e densa di significato allo stesso tempo: un cassetto gigante, vicino a un piccolo comodino. Realizzato, ovviamente, in marmo di Carrara!
Sappiamo ancora concederci il tempo per vedere i sogni che stanno nel nostro cassetto, o il cassetto è solo un posto per riporre ciò che non usiamo?”, aggiunge Bragatt.
Basquiat, Keith Haring, Pollock, Schifano, Guido Cagnacci, Gino de Dominicis, Domenico Gnoli, Jeff Koons, Damien Hirst, Julian Schnabel, Francesco Vezzoli, sono le fonti dalle quali Filippo Bragatt trae ispirazione e stimoli per esprimere il suo genio creativo. “Mi incuriosiscono e mi interessano le loro vite, ancor prima delle loro opere. Vite che si incrociano con città, metropoli, epoche e periodi storici completamente diversi”, spiega.
E mi racconta di Mario Schifano, uno dei più importanti artisti italiani della scena nazionale e internazionale degli anni Sessanta. Un Andy Warhol tutto italiano, dal carattere eccentrico e poliedrico, amante della bella vita e innamorato della sua Roma. “Con i soldi della sua prima mostra compra una MG bianca, e la guida senza patente, distruggendola contro un palo poco dopo”, riferisce accennando un sorriso.
Il tempo vola, e quando si avvicina il momento del saluto Bragatt conclude con un messaggio: “L’arte è rappresentazione della vita, allora è proprio da essa che si deve partire”.
Cristiano Gassani
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